Colorado, 29 agosto 2022. Un concorso artistico supportato dalle istituzioni annuncia i nomi delle opere e degli autori vincitori. Nulla di eccessivo, si tratta di un evento che non desta di per sé il clamore del mercato, le sue ripercussioni si diramano quasi esclusivamente su scala locale. O perlomeno, così sarebbe stato se su Twitter non fosse esplosa l’indignazione per un dettaglio tecnico che ha alimentato le discussioni del web: uno dei lavori vittoriosi è stato creato attraverso l’uso di un algoritmo di sintetizzazione delle immagini. Di una intelligenza artificiale, insomma.
Il lavoro incriminato è il Theatre d’Opera Spatial firmato dall’artista Jason Allen, un prodotto di “fotografia manipolata digitalmente” generato dal programma Midjourney che è riuscito a conquistarsi i favori della giuria e le antipatie di tutti coloro che gridano a una nuova estinzione dell’arte. Da che i risultati della fiera sono diventati virali su internet, Allen ha ottenuto critiche sferzanti, supporto incondizionato e un paio di minacce di morte.
La reazione è stata forte, ma non imprevista. “Nell’usare Midjourney ho desiderato lanciare una dichiarazione, portare avanti il dibattito”, ci ha rivelato l’artista, il quale ha preferito il programma in questione anche perché saldamente legato al social Discord, una realtà che già di partenza si presta al confronto. Il suo stimolo è stato accolto, tuttavia la reazione ha certamente superato le aspettative dell’uomo, il quale ha ottenuto un riscontro travolgente.
L’acceso dibattito che colpisce Allen e, per estensione, Midjourney, non fa altro che rinnovare un confronto che è destinato a non placarsi mai, quello che riguarda il “vanishing point” del sistema dell’arte, ovvero la definizione di quel punto di non ritorno in cui l’arte si tramuta in simulacro, quel confine per cui perde la sua “aurea” di unicità per trasformarsi in un oggetto che perpetra i valori politici dell’epoca. Valori che nell’attualità sono vicini ai Dogmi della finanza. Si tratta quindi di un confronto che è destinato ad acuirsi, in particolar modo quelle volte che una tecnica capace di intensificare la riproducibilità meccanica del prodotto artistico viene introdotta nel sistema. È successo con la fotografia, succede con l’intelligenza artificiale.
In tal senso, la questione è già stata ampiamente affrontata da pensatori di spicco. Prima negli anni ‘30 dal filosofo tedesco Walter Benjamin, quindi negli Anni ’70 dal critico inglese John Berger, ambo i quali hanno diffuso la teoria, generalmente condivisa, che il contenuto artistico possa tranquillamente trascendere dal valore ritualistico e artigianale della produzione manuale. In altre parole, l’utilizzo di uno strumento non è utile a determinare se un’opera possa o meno considerarsi pregna di valore artistico. Allo stesso tempo, la reazione accesa alla vittoria assistita di Allen non può che sollevare dubbi legittimi sul futuro dei mestieri creativi.
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